Il Patriota

(Regia: Roland Emmerich. Cast: Mel Gibson, Heat Ledger, Jason Isaacs)

Mel Gibson è attore ormai portato, per caratteristiche recitative e per immagine cristallizzata, all’interpretazione di ruoli forti, ribelli, carismatici. Non è da meno in questo film, che lo porta nella Rivoluzione Americana dove iniziano a formarsi quelle idee di Patria e Famiglia che hanno fondato la nazione statunitense. Gibson è Benjamin Martin, un ex combattente della guerra franco-indiana, che ha voluto seppellire il passato per non rivedere più crudeltà, morte e dolore. Vive nella Carolina del sud dove ha una coltura di cotone che cura con sette figli avuti dalla defunta moglie. Anche quando il conflitto inizia ad avvicinarsi e la sua comunità deve compiere la dura scelta egli resta irremovibile e conserva la sua idea di una via pacifica alla libertà. Ma non ancora per molto. Si sa che nella vita purtroppo gli avvenimenti ci travolgono, ci trascinano senza la nostra volontà soprattutto quando si tratta di un fenomeno così totale e brutale come lo scontro tra due parti che pretendono di avere ragione e per far questo ritengono lecito l’uso della forza. La guerra giunge fino a casa sua e nel modo più crudele, nei panni di un colonnello spietato, il colonnello Tavington (Jason Isaacs conosciuto in "Armageddon"), che non bada a fare la distinzione tra soldati e civili, trasformando la vita di Benjamin Martin in un inferno, uccidendo il suo secondogenito e facendo prigioniero il primo, Gabriel (Heat Ledger, "Dieci cose che odio di te"), che si era arruolato contro le giubbe rosse. Benjamin allora dà inizio da una personale battaglia contro una nazione e contro un uomo che, più mercenario alla ricerca di fama che soldato, ha distrutto i suoi sogni di serenità. Lasciata la famiglia in mano alla sorella della moglie si arruola e viene messo a capo di un gruppo di volontari che sotto la sua esperienza diventa la spina nel fianco dell’esercito inglese. Ora Benjamin conduce una vita da brigante, nascosto in una palude alimentato solo dall’odio. Ancora una volta la guerra si ripresenta in tutta la sua potente crudeltà e sempre nella figura del colonnello Tavington che nel tentativo isolarli e farli uscire allo scoperto uccide la moglie di Gabriel con il suo villaggio e successivamente lo stesso giovane da cui era stato raggiunto spinto dalla sete di vendetta. La morte di Gabriel è l’ennesimo colpo inferto a quest’uomo già profondamente dilaniato dal dolore. La resa dei conti non tarderà a venire così come la fine della guerra e la possibilità di una nuova vita per Benjamin Martin una volta ottenuta le vendetta agognata.

La trama del film conduce verso una crescente accelerazione dei sentimenti, spinta soprattutto dal sovrapporsi di odio su odio. Tutto si dibatte sulla rabbia umana, sul senso di impotenza, sullo sfogo finale e sul desiderio di questo. Inutili sono i tentavi di sdrammatizzazione tramite l’inserimento di scene da commedia ma che mal si inseriscono nell’impianto portante, quasi a voler rallentare o anestetizzare il sentimento portante. Molto curati i particolari bellici, fedeli le riproduzioni delle scene di guerra e molto realistici i combattimenti, non a caso curati da sceneggiatori che hanno collaborato in ‘Salvate il soldato Ryan’. Forse tre ore sono un po troppe per la storia inscenata, ma passano comunque vivamente.

Davide Dionesalvi

 

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